Finito il tormentone di Sakineh

Finalmente è finito il tormentone mediatico sulla sorte di Sakineh, condannata alla lapidazione, non solo per adulterio, ma anche, non dimentichiamolo,  per concorso nell’uccisione del marito cornificato, un’accusa che in America l’avrebbe condotta sulla sedia elettrica e da noi, più moderni, ad essere sepolta viva per sempre grazie al civilissimo ergastolo.

Come sempre vediamo la pagliuzza nell’occhio del prossimo e non ci avvediamo della trave che opprime la nostra vista.
In Italia, invece di interessarci delle miserevoli condizioni in cui giacciono decine di migliaia di reclusi, costretti oramai per fare spazio ad un’allucinate catena di suicidi, giornali e telegiornali per settimane sono stati impegnati a crocifiggere la pur biblica lapidazione, dimenticando che ogni civiltà ha diritto a sanzionare i reati come più gli aggrada: de gustibus non est disputandum una regola aurea della quale spesso non teniamo conto, ritenendo di avere sempre ragione, mentre gli altri hanno sempre torto.
Achille della Ragione