Italia: Arrivano gli ultimi medicinali salvavita, ma il prezzo elevato apre un dibattito ... Stampa
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ItaliaNews - Sanita'
Scritto da Francesco Gironi   
Domenica 12 Marzo 2017 09:30

Italia: Arrivano gli ultimi medicinali salvavita, ma il prezzo elevato apre un dibattito ...

Le   parole   non   sono   casuali:   «Stiamo  passando  dal  diritto  alla  cura  al  diritto  a  guarire».  Tonino   Aceti,   presidente   del   Tribunale per i diritti del malato, riassume così la portata della nuova generazione di medicinali uscita dai laboratori delle case farmaceutiche. Spieghiamo  con  un  esempio:  gli  antivirali  appena messi a disposizione dei malati di epatite C (oltre 1,2 milioni gli italiani positivi al virus, 330 mila i malati) consentono  di  debellare  la  malattia.

Cancellarla,  anche  nei  cosiddetti  portatori  sani, prima che si ammalino. Alle nuove cure contro l’epatite C se ne  devono  aggiungere  altre  che  nei  prossimi mesi arriveranno nelle farma-cie: 45 in tutto. «Si tratta di nuovi immunoterapici per il cancro, anticorpi per il trattamento dell’ipercolesterolemia, per l’Alzheimer e le demenze, per il diabete, le malattie cardiovascolari, e alcune patologie rare», annuncia Luca Pani, direttore generale dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, l’ente che tra l’altro autorizza la commercializzazione dei nuovi farmaci. Tali sono le aspettative che, spiega ancora   Pani,   «le   Agenzie   regolatorie  stanno sperimentando forme di autoriz-zazione accelerata per rendere disponibili tempestivamente le nuove terapie». Buone notizie, verrebbe da dire. C’è un  grande  “però”.  Già,  perché  i  nuovi  farmaci costano. Molto. Troppo, secondo alcuni. È vero? «Sviluppare una nuova  molecola  costa  circa  2,5  miliardi  di  euro e almeno 10 anni di studi», calcola Massimo  Scaccabarozzi,  presidente  di  Farmindustria,  l’associazione  che  raggruppa le aziende farmaceutiche italia-
ne.  Così  si  arriva,  nel  caso  dei  farmaci  contro l’epatite C, a pagare circa 15 mila euro per trattamento: moltiplicati per i 330 mila malati farebbero 5 miliardi di euro. Vero è che per i cosiddetti “farmaci  innovativi”,  come  sono  quelli  contro  l’epatite C, il governo ha stanziato 500 milioni di euro per il 2015 e altrettanti per  quest’anno.  Ma  per  tutti  i  farmaci  innovativi, non solo per quelli contro l’epatite.  Il  fatto  è  che  il  capitolo  “spesa  farmaceutica” non consente di scialare: dal 2008 a oggi il budget è rimasto praticamente invariato a quota 16,4 miliardi di euro.
Quindi bisogna decidere. E la soluzione trovata è questa: stabilire dei criteri per “accedere” al farmaco. In parole povere:  visto  che  non  ci  sono  soldi,  qualcuno  potrà  curarsi,  qualcun  altro  no.  Cinismo?  «Un  accesso  di  massa  ai  nuovi  trattamenti  non  è  sempre  una  scelta  nell’interesse  dei  pazienti  e  rischia di generare usi inappropriati dei farmaci stessi e spreco di risorse: un rischio  che  non  possiamo  permetterci,  specie perché andrebbe a discapito di altri malati che hanno lo stesso diritto alle cure», spiega Pani.  Secondo un’indagine che il Tribunale del malato pubblicherà nelle   prossime   settimane   e   della   quale  Gente ha   avuto   
un’anticipazione,  non  tutti  gli  “aventi diritto” ottengono però la cura. Per esempio: fino allo scorso novembre,  all’ospedale  S.  Anna  e  S. Sebastiano di Caserta (la Campania è una delle regioni più colpite  dall’epatite  C)  su  115  malati  “aventi diritto”, 89 sono effettivamente in cura e 93 sono in lista d’attesa. Poi ci sono  regioni  che  hanno  stabilito  ulteriori limiti a quelli redatti dall’Aifa. Piemonte, Basilicata, Lazio e Marche hanno disposto che le “consegne” siano limitate ai soli residenti (fanno eccezione i trapiantati di fegato); a Bolzano, invece,  il  farmaco  viene  fornito  solo  se  l’azienda sanitaria di residenza si impegna a pagare. La Campania chiede un’autorizzazione della regione di residenza... Tra i tre litiganti (governo, regioni, aziende)   alla  fine a rimetterci  sono  proprio  i  malati, non sono per tutti l’anello più debole della catena.
Ma veramente i prezzi di questi medicinali non possono essere ridotti? «In Italia i prezzi sono del 15-20 per cento più bassi rispetto al resto d’Europa», taglia  corto  Scaccabarozzi.  E  rincara  la  dose: «Pochi sanno che se lo Stato spende più del previsto, sono le aziende farmaceutiche  a  ripianare  l’over-spending: per  il  2015  dovremmo  versare  un  miliardo».  Dobbiamo  rassegnarci  allora?  No.  Anche  perché  non  è  proprio  vero  che  queste  cure  potrebbero  ridurci  in  bolletta.  La  spiegazione  arriva  da  una  ricerca  di  Francesco  Saverio  Mennini,  docente di Economia sanitaria all’Università di Roma Tor Vergata: «Non ci si deve limitare al  prezzo  del  farmaco,  che  
pure  viene  “contrattato”  con  attenzione  dall’Aifa,  ma  bisogna considerare i risparmi in fatto di trattamenti ospedalieri o di giornate di  lavoro  perse»,  ragiona  Mennini  calcolando che grazie ai nuovi farmaci antiepatite, dal 2018 «ogni paziente trattato  porterà  a  importanti  riduzioni  di  costi, pari a circa 11 mila euro che diventeranno  14  mila  nel  2024».  Come  dire: chi più spende, meno spende.
Francesco Gironi

 

Ultimo aggiornamento Domenica 12 Marzo 2017 09:32