Napoli: Le scene di genere di Giuseppe Bonito Stampa
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NapoliNews - Storia
Scritto da Achille Della Ragione   
Lunedì 18 Agosto 2014 17:59

Napoli: Le scene di genere di Giuseppe Bonito

Il De Dominici nella biografia del Bonito accenna che il tipo di pittura che riscuoteva più successo tra i committenti era costituito da quadri, di piccolo e medio formato, che descrivevano momenti di una realtà quotidiana fatta di piccoli episodi, che vedevano come protagonisti borghesi arricchiti o proletari senza nome, impegnati in divertimenti innocenti o sollazzi sguaiati.
Nascevano così una serie di dipinti con significative varianti raffiguranti lo studio del pittore, la scuola di cucito, la partita di carte, gli intrattenimenti galanti in salotto ed in giardino, la mascherata, gli scherzi tra i vicoli della città o nelle bettole più malfamate; una produzione iniziata già alla fine degli anni Trenta che, secondo il celebre biografo, “furono lodati da tutto il pubblico “e gli “fecero acquistare gran nome”. Sono scene di vita quotidiana, nelle quali si esplicano vari sentimenti resi con grande evidenza: l’alunno somaro mortificato dal maestro che non osa alzare la testa davanti ai compagni, il volto bonario del maestro che cerca di mostrarsi severo; la maestra  di cucito alle prese con le apprendiste, il popolino che ama mascherarsi e fare scherzi per i vicoli, la borghesia intenta a trastullarsi tra giochi, balli e concerti in salotto.
Il pubblico, stanco di rappresentazioni pompose di scene sacre o di episodi mitologici con pose eroiche, di ritratti di persone senza vita impalate nella cornice, accolsero volentieri questi quadretti semplici e naturali, percorsi da brio e gioia di vivere.
Tra i dipinti più famosi va annoverata la Mascherata(fig. 1) del museo di Capodimonte, eseguita negli anni della piena maturità del maestro, un tema ripetuto più volte ad illustrare un episodio di vita popolare indagato con occhio attento e compiaciuto.  Nella tela si possono apprezzare le notevoli capacità ritrattistiche del Bonito nel delineare i volti dei protagonisti dell’esilarante scenetta ed i palpabili influssi dell’ultima attività del Solimena. Il quadro può essere collocato cronologicamente in contiguità con la celebre Carità sita nella chiesa del Monte di Pietà datata 1742.
A questo quadro si può associare la Mandolinata(fig. 2) o secondo altri lo Studio del pittore, anche esso a Capodimonte, che presenta le stesse dimensioni, per cui è stato realizzata per lo stesso committente.
I due dipinti furono esposti a Napoli nella mostra Realtà e fantasia nella pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e sono una dimostrazione della capacità del pittore di trattare con brio episodi popolari con soggetti teatrali indagati con occhio attento e divertito, rinvigorito dalla vivace capacità ritrattistica dell’artista espressa in fisionomie argute ed irriverenti.
Con soggetto la Mascherata a Capodimonte è conservato anche un altro dipinto(fig. 3) nel quale di nuovo compare Pulcinella.
L’autoritratto del Bonito in primo piano compare, secondo Spinosa, sia nella tela di Capodimonte(fig. 2), sia nel Poeta(fig. 4), già a Madrid nella collezione del duca di Remisa, dipinto che, assieme al Concerto(fig. 5), conservato a Norfolk nel museo Chrysler, costituisce uno dei vertici per qualità ed espressività dei personaggi raggiunto dal Bonito. A conferma di quanto dichiarato ricordiamo che entrambe le composizioni hanno a lungo retto un’attribuzione a Gaspare Traversi, nel cui catalogo Longhi spostò gran parte delle migliori tele di genere in precedenza date al pittore stabiese.
Sul tema del Concerto presentiamo un prezioso inedito(fig. 6) della collezione Giorgi di Imperia, che rammenta per eleganza della pennellata e per disposizione dei personaggi la Partita di carte (fig. 7), transita in un’asta Christie’s a Londra nel 2001, già, come ricorda Federico Zeri, a Firenze presso l’antiquario Salocchi.
Nella grande mostra su Gaspare Traversi, tenuta a Napoli nel 2003, vi fu l’occasione di ammirare tre tra i più importanti dipinti di genere del Bonito, esaustivamente commentati nelle schede del catalogo da Federica De Rosa, la quale sottolinea l’inizio di un genere, tra il divertente ed il capriccioso, basato su lucide rappresentazioni della realtà, vicino ai modi del Falciatore
I primi due: la Maestra di cucito(fig. 8) ed il Maestro di scuola(fig. 9), eseguiti entro il 1736, sono da identificarsi, come ci racconta il De Dominici, con le opere presentate dal pittore alla Festa dei  Quattro Altari, dove riscossero grande successo tra il pubblico ed influenzarono le nuove generazioni di artisti, primo fra tutti Gaspare Traversi.
Anche Cacciatori e villanelle(fig. 10) fu visibile durante la Festa dei Quattro Altari, infatti la tela corrisponde esattamente alla descrizione fornita dal biografo settecentesco:”Alcuni giovani con li schioppi in mano e cacciatori in campagna per divertirsi, che trovano delle villanelle con le quali vezzosamente scherzavano”. Del dipinto si conosce un pendant: lo Studio del pittore(fig. 11), anche esso di altissima qualità, entrambi eseguiti tra il 1740 ed il ’45, per raffronti con le due Ambascerie turche e tripolitane alla Corte di Napoli, conservati a Napoli ed a Madrid, datati 1741 e con lo affresco raffigurante la Visitazione e l’Allegoria della Carità dipinto nel 1744 nella volta  dell’ex cappella privata della Reggia di Portici, con il quale condivide le stesure cromatiche dense ed appena rischiarate.
Sono composizioni fondamentali nel percorso artistico del Bonito e da esse presero spunto numerosi seguaci, impegnati ad illustrare ”la vita quotidiana e gli aspetti pittoreschi della società partenopea, tanto cari al gusto di una committenza colta e raffinata ancora impegnata nel tradizionale viaggio di formazione in Italia e al Sud”(De Rosa).
Altre due graziose composizioni transitate sul mercato antiquariale londinese ed illustrate da Spinosa sono lo Studio del pittore (fig. 12) ed il Concertino (fig. 13). Rappresentano dei bozzetti per dipinti di maggiori dimensioni ed in entrambi sono riscontrabili chiari elementi derivati dal Solimena neo pretiano e neo barocco, al punto che in passato furono attribuiti da parte della critica al più anziano maestro.  Sono tra i primi esempi di una produzione con scenette, a volte garbate a volte maliziose, illustrate in termini pittoreschi che incontrò grande successo di critica e di mercato, come ci rammenta il De Dominici, che cita lo stesso Studio del pittore, realizzato perciò prima del 1744, anno di pubblicazione del terzo volume delle Vite e con grande probabilità alla metà degli anni Trenta per le stringenti affinità con il bozzetto del Ritratto del principe di Bisignano.
Tra i gruppi di scenette eseguiti per un medesimo collezionista segnalo tra le più pungenti le quattro presenti per anni nella collezione di Achille Lauro raffiguranti Maschere, il Ballo, Maschere e popolari e la Cagna malata(fig. 14 – 15 – 16 - 17) alla quale per similitudine iconografica mi sentirei di affiancare  la Fanciulla col gattino ammalato(fig. 18), la cui immagine nella fototeca di Federico Zeri lo colloca a Firenze presso l’antiquario Salocchi.
In tutti, con una pennellata sciolta che riprende la lezione del Solimena neo pretiano, il racconto si spinge dal dato di cronaca fino alla più esibita teatralità, senza alcuna riflessione o intento di denuncia sociale, omologando genericamente luoghi e personaggi.
Un gruppo di scene di genere è conservato a Bari nella pinacoteca provinciale: Distribuzione di ciliegie, Svenimento della puerpera(fig. 19), Maschere napoletane, il Bimbo malato(fig. 20), tutte tele “di colorito poco modulato,  rossiccio con sorde ombre, caratteristiche pittoriche del primo Bonito. In esse la rappresentazione, seppure non distaccata dall’osservazione del vero, appare sommessa a schemi fisiognomici che riducono l’infinita scala di graduazioni delle espressioni umane. Legate ai dipinti baresi sono le vivaci Maschere napoletane della pinacoteca di Napoli e della Galleria Corsini di Roma.”(Lorenzetti).
Achille della Ragione